“…È, dunque, implicita la simbolizzazione dell'altro come un adulto che intimorisce, di cui non ci si può fidare perché si teme che possa essere violata la propria riservatezza. Questo risultato è in accordo con quanto riferito in molti altri studi (Dubow, Lovko, & Kausch, 1990;West et al, 1991;Wilson & Deane, 2000;Wilson, Rickwood, Ciarrocchi, & Deane, 2002;Sheffield, Costruzione e Validazione del questionario ISCOS Fiorenza, & Sofronoff, 2004), i quali sottolineano come un ostacolo alla ricerca di aiuto sia la man canza di familiarità con la persona del counsellor. Da questo fattore, oltre all'imbarazzo e alla vergogna, emerge anche la dimensione della valutazione che sembra richiamare la dinamica relazionale attiva proprio all'interno dell'istituzione scolastica: infatti, sembra che la stanza di consultazione venga accomunata all'aula, il counsellor al docente, l'incontro ad un'interrogazione che spaventa, intimorisce, preoccupa e genera una paura dell'estraneo che non consente di valorizzare l'incontro con l'altro (Esposito, Freda, & Franzese, 2010).…”