Nell'articolo di riferimento di questa rassegna le riflessioni di Antonietti, Borgatti e Giorgetti vanno incontro a un disagio scientifico e clinico che da anni si confronta con pregiudizi metodologici, tendenze inspiegabili che portano a fraintendimenti e pubblicazioni di articoli o test altrettanto dubbi. Qui formuliamo una proposta con l'intento di contenere, almeno in parte, tali tendenze. Questa proposta, che utilizza le conoscenze neurofisiologiche funzionali e la logica formale per sostenere i vincoli metodologici, è stata articolata in alcuni punti. 1) Riflessione sui rischi interpretativi di diagnosi e risultati di ricerca che si affidano completamente a "etichette diagnostiche" che possono facilmente trasformarsi in stereotipi e in inefficaci spiegazioni tautologiche e circolari; 2) Necessità di rivedere i modelli neuro-cognitivi, compresi quelli delle funzioni esecutive attentive, alla luce dei recenti studi sulla neurofisiologia delle reti cerebrali che le sottendono, in contrasto con i paradigmi obsoleti ancora ampiamente praticati spesso in modo acritico; 3) Principi logico-metodologici fondanti dei costrutti, evidenziando l'arbitrarietà delle scelte e l'incertezza delle funzioni isolate, attraverso "inferenze inverse" abduttive. Tali operazioni sono confrontate con la possibilità di incorrere in almeno tre fallacie logiche (affermazione del conseguente, negazione dell'antecedente, eccesso di analogia). Ciò comporta possibili infrazioni (opportunamente analizzate e spiegate) che ricadono negativamente sia sui protocolli clinici, sia su quelli di ricerca (comprese le discussioni interpretative dei risultati).