Come sottolineano Clemens Sedmak e Małgorzata Bogaczyk-Vormayr nella loro introduzione a Patristik und Resilienz (Berlin 2012), la resilienza umana deve essere intesa come la capacità di cambiare sé stessi in risposta a una crisi, non già di tornare a un punto di partenza (Einleitung, 3). Dopo una parte introduttiva sui diversi significati e aspetti della resilienza, questo articolo discute alcuni testi di Cipriano di Cartagine (De mortalitate, AdDemetrianum, De bono patientiae, De dominica oratione) e Gregorio di Nazianzo (Or. 26, Ep. 223, 30-36, 92) che possono essere di qualche interesse per l’attuale discussione sulla resilienza. Entrambi gli autori, infatti, partendo dalla medesima prospettiva escatologica, sembrano condividere una dinamica nozione di resilienza, che non è una mera sopportazione delle avversità, ma la capacità di trasformare una situazione negativa in unarisorsa esistenziale.