Monaldi Arch Chest Dis 2008; 70: 15-23
RASSEGNA
IntroduzioneI primi autori che stabilirono una relazione tra scompenso cardiaco e puerperium furono Virchow [1], Ritchie [2] e Porak [3], alla fine del diciannovesimo secolo; tuttavia soltanto nel 1937, dopo che Gouley et al. [4] ebbero osservato gli aspetti clinici e patologici di sette pazienti gravide affette da scompenso cardiaco severo e spesso fatale, tale associazione iniziò ad essere descritta come entità clinica distinta. Le donne presentarono sia negli ultimi mesi di gravidanza sia durante il postpartum una cardiomiopatia dilatativa non ischemica; quattro delle sette pazienti decedettero; l'autopsia mostrò la dilatazione miocardica associata alla presenza di diverse aree necrotiche e fibrotiche molto estese, reperti comunque atipici se paragonati a quelli di altri pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco. Per tale motivo gli autori proposero l'esistenza di una relazione, diretta o indiretta, tra scompenso cardiaco, gravidanza e/o puerperium. Analoga associazione fu poi descritta nel 1938 da Hull et al. in 80 pazienti di New Orleans [5], e negli anni successivi diversi autori coniarono i termini di scompenso cardiaco tossico post-partum, malattia cardiaca post-partum, miocardite post-partum, sindrome di Meadow, degenerazione miocardica idiopatica associata a gravidanza, sindrome Zaria e cardiomiopatia post-partum [6][7][8][9][10]. Nel 1971 Demakis et al. [11], in uno studio retrospettivo, descrissero la storia naturale di 27 pazienti con cardiomiopatia associata a gravidanza nel periodo 1947-1967 e definirono tale condizione Cardiomiopatia Peripartum (CMPP), stabilendone i criteri diagnostici, confermati poi durante la Workshop del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) e dell'Office of Rare Diseases of the National Institutes of Health (NIH) nel 2000 [12]: a) scompenso cardiaco insorto nell'ultimo mese di gravidanza o nei 5 mesi dal parto; b) non disfunzione cardiaca preesistente; c) assenza di cause determinanti cardiomiopatia; più recentemente d) disfunzione sistolica ventricolare sinistra dimostrata ecocardiograficamente con frazione di eiezione (FE) < 45% e/o fractional shortening in M-mode < 30% con dimensione telediastolica > 2.7 cm/m 2 [13][14][15]. Nonostante i classici criteri per la definizione della CMPP di Demakis et al. limitassero la diagnosi all'ultimo mese gestazionale e ai primi 5 mesi dal parto, diversi articoli pubblicati successivamente descrissero donne con cardiomiopatia più precoce nel corso della gravidanza [16][17][18][19][20][21]. Infine Elkayam et al., presentando un'ampia casistica di pazienti affette da CMPP, suggerirono il cambiamento dei criteri "classici" dopo aver osservato che sia la presentazione clinica che l'outcome delle pazienti con cardiomiopatia associata alla gravidanza diagnosticata più precocemente rispetto all'ultimo mese di gestazione erano simili a quelle della CMPP "classica", concludendo quindi che entrambe le condizioni potessero rappresentare un continuum della stessa patologia [22].
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