IntroduzioneCon il termine di ectromelia, che deriva dal greco εκτρο (aborto) e µελοσ (arto), si intende indicare l'assenza congenita di un arto o di una sua parte specificata. L'ectromelia tibiale, cioè l'assenza congenita della tibia [1] è una deformità molto rara a etiologia ignota che si presenta in 1 ogni 1.000.000 di neonati vivi [2], nella sua forma totale o parziale. Sebbene la maggior parte dei casi avvenga su base sporadica, si sono osservati casi di familiarità e trasmissione con carattere autosomico dominante o recessivo. Interessa prevalentemente il sesso maschile e può essere mono-o bilaterale. La conseguenza diretta dell'agenesia tibiale è una grave instabilità del ginocchio e della tibio-tarsica, con importante riduzione di lunghezza dell'arto e con ulteriori importanti deformità a carico della caviglia e del piede. I portatori di questa patologia hanno spesso anomalie congenite associate, come polidattilia o sindattilia della mano e del piede, malformazioni del rachide, displasia dell'anca [3] ecc. La classificazione radiografica di Jones [4] identifica quattro tipi di ectromelia tibiale:• tipo Ia: assenza di tibia con ipoplasia dell'epifisi distale femorale • tipo Ib: assenza di tibia con normale conformazione femorale • tipo II: assenza di tibia distale • tipo III: assenza di tibia prossimale • tipo IV: ipoplasia tibiale distale con diastasi tibio-tarsica. Nei vari articoli sull'argomento si rileva che molti Autori [5-7] suggeriscono l'amputazione secondo Syme o Boyd, in quanto un'unica procedura chirurgica permette al bambino di doversi impegnare direttamente nella sola rieducazione all'uso di una protesi. D'altro canto, la correzione chirurgica risulta difficoltosa e richiede un lungo periodo di trattamenti cruenti e incruenti con risultati definitivi non sempre soddisfacenti. Sono infatti necessari più interventi per correggere le deformità a carico del ginocchio e della caviglia e per allungare l'arto durante l'accrescimento [5][6][7][8]. L'esame della letteratura evidenzia che i risultati sono soddisfacenti nei casi in cui sia presente una porzione prossimale della tibia, in quanto il ginocchio è completamente formato. Nei casi di assenza completa della tibia diversi Autori (Boyd, Fuji, Brown) presentano una tecnica chirurgica che prevede la trasposizione del perone sotto l'epifisi femorale, l'artrodesi peroneo-astragalica e l'allungamento del perone. I risultati sono stati, in definitiva, discreti per il ripristino dell'asse e della lunghezza dell'arto, con una persistente instabilità del ginocchio che ha reso necessario l'uso di tutori.
Caso clinicoNel novembre 2004 è giunto alla nostra osservazione un bambino di 14 mesi affetto da completa agenesia della tibia destra ( Fig. 1) Come nel caso descritto nel 1902 da Steele [1], l'arto inferiore destro era marcatamente più corto del controlaterale, la testa del perone era prominente lateralmente e risalita rispetto al ginocchio, completamente instabile (Fig. 1b), il malleolo peroneale era più evidente e quello mediale completamente assente; ...