Questo articolo intende riflettere sulla relazione tra la pratica sufi del dhikr (“rammemorazione di Dio”) e le memorie di sofferenza che le donne curde in un villaggio nel Kurdistan settentrionale incorporano nella loro esperienza del quotidiano. Con un taglio etnografico, l’articolo traccia le forme attraverso cui le donne rappresentano e interpretano le sofferenze accumulate e il senso di marginalità prodotto dal lutto, dalla violenza politica esercitata dallo stato e dai processi di assimilazione e di medicalizzazione nel conflitto. In un contesto di forte polarizzazione politica è attraverso la creazione e la co-partecipazione a uno spazio di cura femminile che le rappresentazioni della sofferenza sono così messe in discussione. La pratica della “rammemorazione” favorisce un approccio intersezionale attraverso cui realizzare un essere-in-comune che è al tempo stesso critica etico politica al conflitto turco-curdo e rivelazione di nuove soggettività femminili e collettive.