“…Negli ultimi anni le applicazioni cliniche hanno rivolto particolare interesse a viti composte da polimeri di acidi polilattici (PLLA), che sono dotate di resistente fissazione del neo-legamento, paragonabile a quella dei mezzi di sintesi metallici, possibilità di revisione chirurgica, scarsa risposta infiammatoria, bassa incidenza a reazioni avverse, facilità di incorporazione biologica dell'innesto nel tunnel osseo [3]. Tali viti tuttavia non sono scevre da limiti che sono in parte legati alla tecnica operatoria, in parte dovuti alla eccessiva idrolisi che subisce la vite, alla diminuizione del pH e a problemi di biocompatibilità, e in parte dovuti alla non completa integrazione ossea con conseguente perdita della forza torsionale dell'innesto e conseguente instabilità [4][5][6]. Pertanto si è pensato all'introduzione di viti costituite da materiali dotati di caratteristiche biomeccaniche più affidabili e più vicine a quelle dei mezzi di sintesi metallici, ovvero a composti che oltre che dotati di caratteristiche di bioriassorbibilità e biocompatibilità posseggono altresì la peculiarità di essere osteoinducenti; si tratta di composti polimerici-ceramici costituiti da acidi polilattici (PLLA) e granuli di idrossiapatite (HA).…”