Tromboprofilassi in chirurgia ortopedica: nuove prospettiveÈ da poco disponibile dabigatran etexilato,il primo inibitore diretto della trombina che, accanto a un'efficacia clinica paragonabile a quella di enoxaparina -la terapia standard di riferimento -presenta un'elevata maneggevolezza grazie alla somministrazione orale in dose fissa,all'assenza di interazioni con altri farmaci,al fatto che non vi sia necessità di monitoraggio dei parametri della coagulazione o della conta piastrinica e alla disponibilità di due dosaggi,di cui uno dedicato alle popolazioni di pazienti a rischio maggiore di sanguinamento. Le caratteristiche farmacodinamiche e farmacocinetiche e i risultati degli studi clinici multicentrici che hanno portato all'approvazione del farmaco sono stati presentati al simposio New Perspectives in VTE Prophylaxis in Orthopedic Surgery che si è svolto a Bormio (Sondrio) il 4 aprile 2009,nell'ambito del 9 th International Winter Meeting on Coagulation -Basic, Laboratory and Clinical Aspects of Venous and Arterial Thromboembolic Diseases (1-4 aprile 2009).Al simposio sono state inoltre discusse le problematiche relative all'anestesia loco-regionale e alla tromboprofilassi e presentati i nuovi orientamenti in chirurgia ortopedica che indirizzano le scelte dei materiali e le tecniche impiegate nelle diverse tipologie di paziente sottoposto ad artroprotesi di anca o di ginocchio. Il nuovo inibitore diretto della trombina in somministrazione orale: dabigatran etexilato dalle relazioni di Armando D'Angelo (Milano) e Franco Piovella (Pavia)Gli interventi di chirurgia ortopedica maggiore rappresentano uno dei più importanti fattori di rischio per la malattia tromboembolica o tromboembolismo venoso (TEV): nei pazienti sottoposti a chirurgia protesica dell'anca, senza profilassi, l'incidenza di TEV è attorno al 50%, mentre nei pazienti sottoposti a profilassi la percentuale si riduce fino al 15-20% [1]. Il rischio si estende oltre il periodo di ospedalizzazione: le linee guida internazionali raccomandano infatti di proseguire la terapia per un minimo di 10 giorni dopo l'intervento e fino a 4-5 settimane [2]. Gli obiettivi che la ricerca farmaceutica cerca di raggiungere con la messa a punto di nuovi farmaci anticoagulanti riguardano la possibilità di migliorare alcuni aspetti delle terapie attuali che ne riducono l'utilizzo e l'accettabilità da parte di medici e pazienti, tanto è vero che, a fronte di una comprovata efficacia e sicurezza delle opzioni terapeutiche disponibili, l'incidenza della patologia tromboembolica resta elevata, soprattutto nei pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggiore. La sfida non è solo identificare il punto più efficace della cascata emocoagulativa su cui intervenire, ma anche aumentare la compliance del paziente. Gli attuali farmaci anticoagulanti presentano uno o più limiti, che includono la necessità di somministrare il trattamento per via iniettiva, un meccanismo d'azione non specifico, la necessità di monitoraggio della conta piastrinica per verificare un potenziale rischio ...