16mini-invasive trovano un'ideale collocazione . La stessa cosa si può dire nei politraumatizzati, in cui una precoce fissazione mini-invasiva della frattura vertebrale rende il paziente più facilmente governabile, anche in ambito infermeristico [5,6] (Figg.1-3).
CasisticaLa nostra casistica nell'uso di tecniche mini-invasive in traumatologia vertebrale toraco-lombare è di 35 pazienti; tra questi abbiamo trattato 28 fratture tipo A (A1, n=12; A2, n=8; A3, n=8), 5 fratture tipo B2 e 2 pseudoartrosi memeccanici. Nelle fratture cosiddette "borderline", in cui il trattamento conservativo può essere attuato mediante busti gessati o corsetti a 3 punti, strumenti spesso mal tollerati dai pazienti per presenza di comorbilità (obesità, TVP ecc.) o per rifiuto psicologico, le tecniche
IntroduzioneIl trattamento delle fratture vertebrali sta seguendo, analogamente a quanto accade in altre branche della chirurgia ortopedica, un'evoluzione imponente, grazie a nuove e più sofisticate tecniche e strumentazioni chirurgiche e al miglioramento dell'"imaging" diagnostico. Le tecniche chirurgiche mini-invasive (MISS) permettono molto frequentemente di raggiungere risultati migliori delle tecniche tradizionali, grazie alla riduzione del trauma chirurgico per il paziente con conseguente miglior "compliance" e più veloce recupero funzionale. Questo significa un'importante riduzione delle perdite ematiche e un minor rischio di infezioni e di denervazione muscolare [1] durante l'accesso al rachide, specie del muscolo multifido [2]. È noto infatti come la cifoplastica e la vertebroplastica [3] abbiano apportato una svolta quasi epocale al trattamento delle fratture vertebrali osteoporotiche e siano diventate tecniche di uso routinario nei centri di chirurgia spinale. A queste oggi si aggiungono le tecniche chirurgiche mini-invasive con uso di strumentazione, che in molti casi possono sostituire la chirurgia tradizionale "open", a patto che vengano sempre rispettati i criteri di una corretta classificazione della lesione e la ricerca della stabilizzazione biomeccanica della frattura e/o della lesione legamentosa [4]. Le tecniche mini-invasive vanno distinte in chirurgia percutanea (introduzione di sonde di differente calibro) e chirurgia minimamente invasiva, in cui l'inserimento degli strumenti avviene attraverso retrattori muscolari di diversa lunghezza e che mantengono separate le fibre muscolari (per esempio XLIF). Nel nostro dipartimento abbiamo cominciato a utilizzare le tecniche mini-invasive dal 2005, dapprima con la patologia degenerativa lombare e successivamente in traumatologia vertebrale. In quest'ultimo ambito siamo convinti che le tecniche mini-invasive possano trovare la collocazione ideale per il trattamento delle fratture vertebrali toraco-lombari di tipo A1, A2 e A3 e per quelle B1 e B2, anche se chiaramente, come si accennava prima, devono essere rispettati i principi biodiante corpectomia e stabilizzazione con tecnica XLIF. Dei pazienti trattati, 21 sono femmine e 14 maschi, con età media di 37 anni ("range" 17-65); ...