INTRODUZIONEAttualmente le parassitosi intestinali autoctone nel nostro paese sono piuttosto rare (2,16,17,30). Le prevalenze sono molto basse soprattutto per gli elminti, tra i quali i soli nematodi Enterobius vermicularis e Strongyloides stercoralis sembrano ancora rivestire un ruolo di una certa importanza, il primo in particolare nei bambini in età scolare e il secondo nei soggetti anziani (9, 31). Per ciò che riguarda i protozoi, Giardia intestinalis e Dientamoeba fragilis rappresentano i principali protozoi patogeni intestinali presenti in Italia sebbene la loro prevalenza venga spesso sottostimata, sia per l'aspecificità dei sintomi, sia per un errato approccio operativo diagnostico (20,25,28). Tra i protozoi viene spesso segnalato il saprofita opportunista Blastocystis hominis, il cui ruolo patogeno è tuttora controverso (5,7,21,29). La segnalazione, infine, di protozoi non patogeni (amebe e flagellati) è solitamente occasionale, soprattutto in virtù degli elevati standard igienici ormai raggiunti più o meno ovunque e delle positive abitudini idro-alimentari attualmente esistenti nel Paese (1,6,16,27). L'interesse e l'attenzione della e nella diagnostica parassitologica devono tuttavia essere sempre vivi in relazione a vari fattori tra cui la crescente presenza di immigrati nel nostro paese (soprattutto da Paesi africani ed asiatici, dall' Europa dell'Est, dal centro e sud-America), il consistente aumento dei viaggi (per turismo, lavoro, volontariato) e le adozioni internazionali, che hanno fatto riemergere questo tipo di patologie sia sul piano strettamente clinico che nel campo della sanità pubblica in generale (12,23,24,26,32). Alla luce di quanto detto, risulta utile la ricerca di parassiti nelle feci delle seguenti categorie di individui: soggettti portatori di disturbi intestinali aspecifici (sovente da lungo tempo); pazienti con diarrea verosimilmente o presumibilmente infetti- , Iodamoeba butschlii in 1 (1.2%), Entamoeba hartmanni in 1 (1.2%).These data represent only a first frame of the possible scope of the phenomenon, both in terms of diagnostic possibilities and in terms of real etiological significance in order to qualify the diagnosis, and to ensure careful monitoring of the phenomenon.We also wanted to evaluate retrospectively the existing diagnostic potential before embarking on some organizational and procedural changes in the field of diagnostic parasitology.
Le parassitosi intestinali, sostenute sia da protozoi che elminti, sono patologie che interessano tutte le regioni del globo, sebbene la massima diffusione si abbia nei Paesi in via di sviluppo, a causa della presenza di svariati fattori: climi caldi e caldoumidi, elevata densità di popolazione, scarse o scarsissime condizioni igieniche, presenza di insetti vettori o veicoli passivi di parassiti, poche risorse economiche a disposizione per intervenire al riguardo, usi e costumi (alimentari e non) delle popolazioni medesime (13). In Italia le parassitosi autoctone sembrano essere attualmente piuttosto rare (3,11,12), soprattutto in virtù degli elevati standard igienici ormai raggiunti più o meno ovunque e delle adeguate abitudini idro-alimentari oggi esistenti nel nostro Paese (1,7,11). I crescenti flussi migratori da Paesi in via di sviluppo tecnologico (soprattutto da paesi africani, asiatici, Europa dell'est, del centro e sud-America) hanno fatto riemergere patologie ormai quasi scomparse nel nostro paese. Si tratta per lo più di malattie a trasmissione sessuale o tubercolosi polmonare; tuttavia anche le parassitosi intestinali, laddove siano diagnosticate, non sono affatto rare in questa tipologia di persone (11,12,23,26). Scopo del presente studio è quello di
La strongiloidiasi è una malattia parassitaria sostenuta dal nematode Strongyloides stercoralis. L'infestazione avviene sempre per contatto diretto della cute integra con terreno contaminato da larve filariformi infestanti (larve L3). Queste ultime penetrano attraverso la cute e migrano tramite la circolazione linfatica e venosa al cuore destro e poi ai polmoni; da qui negli alveoli polmonari per risalire l'albero tracheobronchiale sino al laringe, per essere infine ingerite e raggiungere l'apparato intestinale, ove maturano in femmine adulte che producono uova per partenogenesi (13). Le uova prodotte dalle femmine passano molto rapidamente dalla fase di morula a quella embrionata e la schiusa è talmente rapida che nei campioni fecali del paziente infestato vengono reperite solo le larve rabditoidi, come tale non infestanti (larve L1). Il periodo di prepatenza nell'uomo è di circa 1 mese (a volte meno). Esiste anche l'auto-infestazione, che è tipica di questo elminta ( 14): alcune larve rabditoidi possono già maturare a larve filariformi in sede intestinale (auto-infestazione interna) oppure maturare in sede perianale e penetrare la cute circostante con la possibile "sindrome della larva currens" (autoinfestazione esterna); da qui il medesimo ciclo. L'età avanzata e/o vari fattori di immunodepressione sono in genere alla base delle autoinfestazioni (5, 7). Il meccanismo patogenetico di S. stercoralis è attribuibile al suo peculiare ciclo biologico grazie al quale il nematode può persistere senza manifestazioni cliniche per un tempo indefinito nell'ospite infestato (7). L'infestazione diventa quindi cronica (11), ma non necessariamente sintomatica (in caso affermativo si manifesta solitamente con disturbi intestinali aspecifici e/o ipereosinifilia periferica, peraltro non necessariamente sempre presente). Nelle forme più evidenti l'infestazione è in grado di produrre alterazioni anatomiche -tissutali e perivasali a livello polmonare, danni istopatologici a livello intestinale e di attivare una risposta immunitaria che si manifesta con ipereosinofilia periferica anche elevata (5). L'infestazione da S. stercoralis è descritta in tutti i continenti. Predilige i paesi tropicali e sub-tropicali, ma è presente anche in regioni a clima temperato, Italia compresa (1,3,4,12,15). La maggior parte dei soggetti infestati in zone temperate presenta un'età media elevata (in genere superiore ai 60 anni) e un passato di attività agricole a rischio (lavoro in risaie, aratura o vangatura dei campi con metodi manuali e simili, con la conferma anamnestica di aver camminato a "piedi scalzi" in terreni non asciutti o secchi), come confer-mato, per esempio, da alcuni studi di prevalenza nelle aree di Pavia e di Novara (10).
Descrizione di un caso di dirofilariosi umana a localizzazione oculare SUMMARYWe describe a case of infestation by Dirofilaria repens in an immunocompetent female who goes to the emergency room for a feeling irritable left eye. It requires the surgical removal of the parasite and its identification by macroscopic examination, microscopic after clarification and after fixation, paraffin embedding and staining of PAS and Grocott.
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