RELAZIONEQual'è da ritenersi attualmente il ruolo del gastroenterologo, o del clinico più in generale, nell'ambito della diagnostica dell'infezione da Helicobacter pylori? Da quando nel 1983 è avvenuto l'isolamento colturale dell'allora noto come Campylobacter pyloridis da parte di Marshall e Warren (1), sono state sviluppate successivamente molte tecniche diagnostiche per individuare la presenza dell'Helicobacter pylori. Ai giorni nostri abbiamo a disposizione un'ampia scelta di esami, di tipo sia invasivo sia non invasivo, da poter applicare nella pratica clinica quotidiana, ma nessuna delle tipologie testé citate é singolarmente in grado di stabile con assoluta certezza la presenza dell'H.pylori, tanto che lo stesso Gruppo di studio Europeo sull'H. pylori (EHPSG) riunitosi a Maastricht nel 2000 ha raccomandato, se possibile, l'esecuzione combinata di due test diagnostici (2). Questa raccomandazione, resta però spesso inapplicata ed inapplicabile in quanto, nella pratica clinica, ci si trova nella necessità di dover ricorrere ad un unico test diagnostico. Questa necessità implica quindi una scelta la quale risulta essere decisamente un punto critico. Sono molti gli elementi da prendere in considerazione i quali guidano il clinico nella sua scelta: in primis la situazione clinica del paziente a partire dall'età, dai sintomi e dalla sua storia clinica in generale; quindi, va fatto un attento distinguo se siamo di fronte ad una diagnosi primaria o ad un controllo post terapia eradicante e valutata l'utilità di informazioni aggiuntive che ci possono venire date dal test (es. informazioni sullo stato della mucosa gastrica, antibiogramma..). Non va neanche trascurata l'esperienza del Centro, la disponibilità del test ed la rapidità con cui vogliamo avere i risultati, così come serve una valutazione economica in termini di cost-effectiveness. Altri aspetti da considerare sono poi la probabilità pre-test di infezione e le caratteristiche dei singoli test in termini di sensibilità e specificità. Ciascun test diagnostico a nostra disposizione presenta i suoi vantaggi ed i suoi svantaggi ed è proprio dal bilanciamento degli uni e degli altri che deriva la sua applicazione clinica e tutta una serie di implicazioni cliniche. Nella trattazione che segue ci si propone pertanto non solo di parlare in generale degli esami diagnostici di maggior impiego clinico, ma anche di presentare i rispettivi vantaggi e svantaggi commentandone alcune applicazioni/implicazioni cliniche conseguenti. Il primo gruppo comprende i test invasivi, cioè quelli che necessitano del prelievo bioptico e quindi dell'esame endoscopico: istologia, test rapido all'ureasi, coltura; il secondo gruppo invece, è rappresentato dagli esami non invasivi: sierologia, breath test, ricerca antigene fecale. Istologia L'esecuzione dell'esame istologico, prevede una prima fase caratterizzata dall'indagine endoscopica con prelievo bioptico ad opera del gastroenterologo endoscopista, a cui segue la fase di allestimento del preparato istologico, la sua colorazione e la le...
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