INTRODUZIONEDientamoeba fragilis è un protozoo flagellato, dell'ordine Trichomonadida che, nel corso della sua storia evolutiva ha manifestato la perdita del flagello e, attualmente, la sola forma conosciuta del parassita è quella di un trofozoite ameboide. È un parassita del tratto gastrointestinale dell'uomo, a distribuzione cosmopolita; il suo ruolo come patogeno è tuttora controverso ma ormai sono sempre più frequenti le segnalazioni che lo vedono responsabile di enteriti acute o protratte e di altri disturbi extraintestinali (1, 2). Poco si sa sul ciclo vitale di questo protozoo, anche se si ritiene che esista solo nello stadio di trofozoite (2, 6, 11). Questo ultimo presenta uno o, più spesso, due nuclei ed è possibile osservarne una considerevole varietà di forme e di dimensioni (da 5 a 15-20 μm, ma anche più); il fragile citoplasma si denatura rapidamente e perde velocemente vitalità al di fuori del tratto intestinale, per cui le osservazioni microscopiche, dirette ed anche con colorazioni permanenti, devono essere eseguite tempestivamente, subito dopo l'evacuazione o in ogni caso quanto prima possibile, per poter sospettare e diagnosticare la presenza di D. fragilis (2). Al contrario, in caso di utilizzo di liquidi fissativi per la raccolta a domicilio del materiale fecale, l'osservazione al microscopio ottico può essere tranquillamente differita senza perdere in sensibilità. Comunque è necessario sottolineare che la sua individualizzazione nel contesto del materiale fecale non è agevole, ed è necessario ricorrere a personale microscopista esperto. Le modalità di trasmissione e la sua catena epidemiologica non sono ancora uniformemente accettate: D. fragilis è probabilmente trasmessa per via fecale-orale attraverso acque o cibi contaminati da deiezioni di soggetti infetti; sembra inoltre confermata, pur persistendo dati conflittuali sull'argomento, la trasmissione da uomo a uomo attraverso le uova di nematodi (Enterobius vermicularis, soprattutto ed in caso, Ascaris lumbricoides) all'interno delle quali il protozoo potrebbe sopravvivere a lungo sfruttandone l'effetto protettivo nei confronti dell'ambiente esterno e dei succhi gastrici; alcuni studi infatti dimostrano la presenza di DNA di D. fragilis all'interno, ad esempio, di uova di E. vermicularis (9). Questa paras-