“…All'uopo, particolarmente auspicabile è il coordinamento sinergico tra Enti di ricerca, istituzioni accademiche e amministrazioni con competenze nel settore forestale, a livello nazionale e regionale. Temi di peculiare attualità nel nostro Paese in relazione al cambiamento globale sono, a esempio: gli interventi colturali per incrementare la resilienza ai vari tipi di disturbi che si accentueranno in seguito ai cambiamenti climatici (Seidl et al, 2017): l'argomento non riguarda solamente il caso dei danni da vento (Motta et al, 2018) o da incendi (Corona et al, 2015), ma va esteso anche alle problematiche biotiche, a esempio alle sempre più massive gradazioni di insetti (Tortrix viridana, Limantria dispar, Thaumatopoea processionaea) e aumentato rischio di deperimento da Biscogniauxia nei querceti; la regolazione della densità dei popolamenti per mitigare gli effetti del crescente stress da siccità e aridità: è un tema su cui si è cominciato a lavorare in varie parti nel mondo (Sohn et al, 2016) e per il quale si hanno evidenze empiriche e qualche pregevole specifica esperienza anche nel nostro Paese (a esempio: Cantore e Iovino, 1989, Cinnirella et al, 1995, Compostella e Iovino, 1999, che si tratta ora di sistematizzare, a esempio per quanto riguarda i rimboschimenti e i cedui in conversione (Di Matteo et al, 2005); l'effetto sulla pasciona (mast-seeding) dell'interazione tra cambiamento climatico (variazione della lunghezza delle stagioni vegetative, gelate, ecc. : Ascoli et al, 2017) e interventi colturali (Cutini et al, 2015), il cui interesse è legato al fatto che la maggior parte dei sistemi selvicolturali applicati in Italia sono finalizzati alla rinnovazione naturale gamica e quindi condizionati dalla produzione di seme, la quale a sua volta ha riflessi anche sulle catene trofiche in bosco (a esempio, cinghiali: Bisi et al, 2018); lo sviluppo di pratiche selvicolturali atte a creare o mantenere microhabitat in bosco, sia in termini di alberi vivi che di legno morto, nella considerazione che, in termini qualitativi ai fini della funzionalità forestale, è, in genere, più importante l'attenzione a ciò che viene lasciato in bosco (le cosiddette legacies: Kohm e Franklin, 1997) rispetto a ciò che viene prelevato; la gestione dei boschi di neoformazione: rappresentano una porzione rilevante del patrimonio forestale nazionale e in ambienti quali quelli prealpini (in cui è frequente l'invasione dell'aceri-frassineto) o centro-appenninici (in cui si registra l'ingresso del ciliegio o della rovere), può, in vari casi, essere necessario intervenire per favorire lo sviluppo di boschi diversificati e resilienti e, ove opportuno e possibile, valorizzare le specie arboree con legno di maggior pregio (Ferretti et al, 2019); la gestione delle foreste urbane e periurbane, dove gli interventi colturali sono finalizzati a ottimizzare il ruolo degli alberi come fornitori di utilità ecosistemiche (a esempio: fitodepurazione, controllo sul microclima e sull'isola di calore) e garantire, al contempo, appropriati standard di sicurezza nei confronti dei cittadini (Salbitano et al, 2016); ecc.…”