Le caratteristiche di movimento, fluidità, indeterminatezza si presentano come espressione della materialità del mare e al tempo stesso come serbatoio immaginativo con il quale ripensare logiche binarie, terrestri, cristallizzate. In questo contributo si ripercorrono alcuni studi che guardano alla materialità del mare nella sua dimensione perturbativa e immaginativa, con l’intento di metterli in dialogo con la letteratura che pensa l’Oceano Indiano come continuum culturale svelando la preponderanza del contesto oceanico e delle sue caratteristiche intrinseche nel connettere e plasmare saperi, culture, immaginari. Dall’Oceano Indiano si vuole quindi pensare il mare come (anti-) metodo, soffermandosi su quelle caratteristiche di movimento, fluidità, disordine quali assiomi con cui rileggere l’imprevedibilità degli incontri, delle ibridazioni, dei processi storici e culturali.