“…Già nei suoi due saggi di fine secolo scorso sopra ricordati, Sahlins (1999a: 403;1999b: V) equiparava la critica culturale ad una «emancipatory social science», considerandole entrambe partecipi di uno «slittamento retorico verso la moralità e la politica» che già all'epoca avrebbe caratterizzato la disciplina. Presente, secondo alcuni, nella lunga durata nella storia disciplinare (Bennet 1996, Patterson 2001, Sanjek 2014, una simile propensione all'impegno e al sostegno delle prospettive e delle istanze dei gruppi con i quali l'antropologo lavora, nel corso dell'ultimo ventennio ha preso sempre più piede, suscitando dibattiti, discussioni e polemiche (Checker 2009, Low, Merry 2010, Baer 2011, Jobson 2020. Che la si sostenga (tra i molti riferimenti possibili MacClancy 2002, Eriksen 2006, Sillitoe 2015, la si critichi (ad esempio Carrier 2016, Dullo 2016, la si problematizzi (Hale 2006, Fassin 2008, Herzfeld 2010) o si cerchino strade per coniugarla con la dimensione critico-politica dell'antropologia contemporanea (Osterweil 2013, Ortner 2016) tale spinta all'impegno e al coinvolgimento (etico e politico) si è andata in qualche modo radicalizzando, portando a quel tipo di etnografia militante il cui interesse, insieme alle problematicità, sono stati sottolineati anche in un recente volume italiano (Boni, Koensler, Rossi 2020).…”