Evolving linguistic identities among the Italian-American youth: Perceptions from linguistic autobiographies

Abstract

Observations and discussions concerning the form and use of Italian and dialects in geographical and social space have a long tradition, beginning with Dante's De vulgari eloquentia and culminating in seemingly endless debates of the Questione della lingua up to the modern age. Numerous writers have expressed opinions concerning stylistic choices of language and dialects in their works. While these debates were aimed frequently at the question of what constitutes Italy's standard language and how dialects and alloglot minority languages ought to be treated, fewer texts address individual perceptions of language practice and individual language histories. This gap began to be filled with Nencioni's (1983) trailblazing linguistic autodiachrony, and by the narratives of other scholars of linguistics, such as Renzi (2002) and Francescato (1982). In addition, linguistic autobiographies written by students at Italian universities generally point to the continued vitality of Italian dialects in Italian society. This article focuses on linguistic autobiographies written by Italian-American students. Based on a small corpus of short linguistic biographies written in Italian linguistics courses, it aims at studying perceptions of evolving linguistic identities among Italian-American youth, with an emphasis on the second generation. The texts address changing linguistic behavior and attitudes, from childhood through adulthood, pondering exposure to Italian dialects, standard Italian, English and other languages. Despite differences among dynamically evolving individual identities, second-generation Italian-American youth tends to value non-standard varieties, particularly through the memory of their childhood dialects. They also appear to value multilingualism in the urban environment. Writing short linguistic autobiographies was

Intrecci linguistici. Lingue e dialetti italiani tra i giovani italoamericani nella grande area di New York

“…Sempre Haller (2014), in anni recenti, ha svolto uno studio attraverso il racconto scritto di quaranta autobiografie di studenti italoamericani, 3 raccolte allo scopo di studiare la percezione dello sviluppo delle identita`linguistiche tra i giovani italoamericani, in particolare di coloro che appartengono alla seconda generazione. La ricerca ha analizzato gli atteggiamenti e i comportamenti linguistici dall'infanzia all'eta`adulta, riflettendo sul contatto che i giovani hanno avuto con i dialetti italiani, l'italiano standard, l'inglese e altre lingue.…”

“…Nel corso della socializzazione secondaria, l'inglese diviene la lingua dominante a detrimento di tutte le altre forme di linguaggio; dai racconti emerge come il bilinguismo e il multilinguismo vengano scoraggiati a scuola e percepiti come ostacoli e associati con la possibilita`di una bassa performance scolastica e una scarsa mobilita`sociale (Haller, 2014). Tale atteggiamento negativo verso altre lingue al di fuori dell'inglesecosı`come ''la stigmatizzazione delle varieta`dell'italiano nelle scuole anglocentriche''-si ripropone a livello di scuola superiore.…”

“…Nell'ambiente socio-linguistico attuale della comunita`italoamericana la varieta`non standard tende a essere meno stigmatizzata che in passato come simbolo di identita`italiana (Haller, 2014). In particolare, Haller osserva che la seconda generazione dei giovani italoamericani oggetto dello studio mostra la tendenza ad apprezzare le varieta`non standard, soprattutto attraverso il ricordo dei dialetti della loro infanzia (Haller, 2014). L'esperienza linguistica del gruppo osservato esprime una tendenza a una maggiore disponibilita`e a un rinnovato interesse verso le lingue, le culture e le tradizioni regionali: essi paiono abbracciare la diversita`linguistica fuori e dentro le loro comunita`(.…”

“…La ricerca fa emergere come vi siano due madrelingue: la prima è il dialetto, seguita dalla dominante madrelingua inglese. L’italiano standard viene percepito come la varietà “alta” all’interno dei diversi registri italofoni, mentre il dialetto rappresenta il linguaggio della famiglia e delle tradizioni locali, sentito come una “varietà privata” (Haller, 2014: 246).…”

“…In particolare, quest’ultima posizione caratterizza il modo di pensare proprio della seconda generazione e si lega, in parte e fra le altre ragioni, all’attaccamento emotivo ai nonni e al loro linguaggio negli anni della prima socializzazione. Molti nonni e genitori continuano a parlare il dialetto con i loro nipoti e figli, i quali, a loro volta, rispondono in inglese: i dialetti divengono, perciò, “una lingua della memoria” (Haller, 2014: 244).…”