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IntroduzioneLa frattura prossimale d'omero è un evento frequente nella popolazione generale (seconda solo a frattura di femore e di polso). Le fratture complesse a 4 frammenti rappresentano circa il 2-10% di tutte le fratture prossimali d'omero [1]. Una maggiore attenzione nella gestione delle fratture complesse prossimali d'omero ha portato a numerose innovazioni nelle tecniche chirurgiche e nei mezzi impiegati per il loro trattamento. Una corretta indicazione chirurgica pre-operatoria, e ovviamente un adeguato intervento, garantiscono al paziente un migliore "outcome" funzionale nel tempo. In particolare appare determinante riuscire a conservare quanto più possibile dell'anatomia omerale attraverso un intervento di sintesi accurato al fine di consentire alle procedure riabilitative di svolgere il loro ruolo in modo ottimale. Nel campo dell'osteosintesi possiamo avere riduzione e sintesi con differenti gradi di stabilità immediata e problemi diversi secondo i mezzi di sintesi utilizzati (osteosintesi di minima con fili di Kirschner, placche a stabilità angolare, chiodi bloccati o fissatori esterni). Ciò introduce differenti impostazioni della tempistica e della qualità della rieducazione funzionale. Secondo le indicazioni attuali, nella popolazione anziana con ridotto "bone stock" o nei casi in cui la fissazione interna risulta essere particolarmente difficoltosa, scarsamente efficace a causa della complessità della frattura o addirittura non praticabile, è da preferire in prima istanza il posizionamento di una protesi di spalla. Se la cuffia dei rotatori è ancora valida la scelta iniziale è per una protesi a scivolamento, che può essere stabile e con una solida ricostruzione delle tuberosità e permettere una rieducazione accelerata, oppure di precaria ricostruzione e quindi da trattare con maggiore gradualità. Nella popolazione anziana l'incidenza di rotture croniche di cuffia, insufficienza del controllo muscolare oppure distruzione di una struttura del trochite osteoporotica e mal ricostruibile è molto elevata. Per questa ragione in alcuni casi si ricorre a una protesi inversa anche in frattura recente. La protesi inversa in frattura è argomento ancora dibattuto. A tutt'oggi essa rappresenta una seconda opzione chirurgica dopo fallimento di sintesi chirurgiche precedenti, o la prima opzione in caso di frattura con rottura non riparabile della cuffia dei rotatori [2]. Spesso, nel caso delle fratture dell'estremo prossimale dell'omero, è considerata anche una "scorciatoia" nella rieducazione del paziente, in quanto con una protesi inversa non è necessario attendere due mesi per la consolidazione delle tuberosità prima di eseguire movimenti attivi della spalla, mentre, utilizzando il muscolo deltoide non interessato dalla frattura, i pazienti operati con una protesi inversa possono recuperare una mobilità attiva (limitata ai movimenti con braccia abbassate e basilari della vita quotidiana) sin dalle immediate giornate post-operatorie. Quindi fattori legati alla tecnica adottata e ai suoi limiti per come è stata ...
IntroduzioneLa frattura prossimale d'omero è un evento frequente nella popolazione generale (seconda solo a frattura di femore e di polso). Le fratture complesse a 4 frammenti rappresentano circa il 2-10% di tutte le fratture prossimali d'omero [1]. Una maggiore attenzione nella gestione delle fratture complesse prossimali d'omero ha portato a numerose innovazioni nelle tecniche chirurgiche e nei mezzi impiegati per il loro trattamento. Una corretta indicazione chirurgica pre-operatoria, e ovviamente un adeguato intervento, garantiscono al paziente un migliore "outcome" funzionale nel tempo. In particolare appare determinante riuscire a conservare quanto più possibile dell'anatomia omerale attraverso un intervento di sintesi accurato al fine di consentire alle procedure riabilitative di svolgere il loro ruolo in modo ottimale. Nel campo dell'osteosintesi possiamo avere riduzione e sintesi con differenti gradi di stabilità immediata e problemi diversi secondo i mezzi di sintesi utilizzati (osteosintesi di minima con fili di Kirschner, placche a stabilità angolare, chiodi bloccati o fissatori esterni). Ciò introduce differenti impostazioni della tempistica e della qualità della rieducazione funzionale. Secondo le indicazioni attuali, nella popolazione anziana con ridotto "bone stock" o nei casi in cui la fissazione interna risulta essere particolarmente difficoltosa, scarsamente efficace a causa della complessità della frattura o addirittura non praticabile, è da preferire in prima istanza il posizionamento di una protesi di spalla. Se la cuffia dei rotatori è ancora valida la scelta iniziale è per una protesi a scivolamento, che può essere stabile e con una solida ricostruzione delle tuberosità e permettere una rieducazione accelerata, oppure di precaria ricostruzione e quindi da trattare con maggiore gradualità. Nella popolazione anziana l'incidenza di rotture croniche di cuffia, insufficienza del controllo muscolare oppure distruzione di una struttura del trochite osteoporotica e mal ricostruibile è molto elevata. Per questa ragione in alcuni casi si ricorre a una protesi inversa anche in frattura recente. La protesi inversa in frattura è argomento ancora dibattuto. A tutt'oggi essa rappresenta una seconda opzione chirurgica dopo fallimento di sintesi chirurgiche precedenti, o la prima opzione in caso di frattura con rottura non riparabile della cuffia dei rotatori [2]. Spesso, nel caso delle fratture dell'estremo prossimale dell'omero, è considerata anche una "scorciatoia" nella rieducazione del paziente, in quanto con una protesi inversa non è necessario attendere due mesi per la consolidazione delle tuberosità prima di eseguire movimenti attivi della spalla, mentre, utilizzando il muscolo deltoide non interessato dalla frattura, i pazienti operati con una protesi inversa possono recuperare una mobilità attiva (limitata ai movimenti con braccia abbassate e basilari della vita quotidiana) sin dalle immediate giornate post-operatorie. Quindi fattori legati alla tecnica adottata e ai suoi limiti per come è stata ...
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