Il 'progetto europeo', ossia quello di un'Europa unita -definizione, mi rendo conto, alquanto vaga-sta probabilmente attraversando la sua peggior crisi dai tempi del suo atto fondativo. Una crisi che è limitativo interpretare in termini meramente economici. Le analisi, tra gli altri, di Streeck hanno mostrato come si tratta di una crisi di lungo corso alla quale si è fatto fronte con strumenti che hanno funzionato, di volta in volta, come un momentaneo pharmakon, che ha tenuto unito la vacillante alleanza tra democrazia e capitalismo 1 . Un'alleanza dissoltasi con l'attuale finanziarizzazione del capitale, che ha condotto ad un'egemonia senza precedenti del discorso capitalista neoliberale, rispetto al quale la politica, intesa come government, mostra la sua completa subalternità.2 Questa crisi è stata definita dal presidente della Commissione europea Junker «esistenziale», nel senso di mettere in pericolo l'esistenza stessa dell'Unione europea poiché essa: «non è abbastanza sociale […] quindi lavoreremo al pilastro dei diritti sociali» 2 . Ritengo superfluo soffermarsi su quanto è stato fatto negli ultimi dodici mesi in termini di solidarietà e di riduzione delle diseguaglianze economiche per manifesta assenza di provvedimenti in tal senso. Quello che colpisce è la natura retorica di questo discorso, come di tanti altri documenti e discorsi ufficiali -basta dare uno sguardo al server ufficiale dell'Unione europea-con cui l'Europa, nella sua versione istituzionale, si presenta agli europei e cerca di guadagnare o di riconquistare la loro fiducia, in buona parte perduta 3 . Si tratta di discorsi profondamente dissonanti rispetto alla realtà, e tuttavia le retoriche su quella che si potrebbe chiamare 'un'idea di Europa', non sono da catalogare come semplici falsificazioni della realtà, ma si insinuano nell'immaginario come una sorta di 'supplemento d'anima' 4 , suppliscono cioè l'assenza L'Europa di fronte all'Altro. Vecchi e nuovi discorsi razzisti Noesis, 35-36 | 2020