Sono felice di presentare, come attuale Presidente della Società Italiana di Fissazione Esterna, questo bel testo dell'amico Enzo, con il quale condividiamo da anni un interesse reale nell'approfondire le tecniche di fissazione esterna, anche con periodi di studio non proprio ameni in quella che era allora l'Unione Sovietica. La vera indicazione della fissazione esterna è proprio questa, il trattamento delle fratture complesse, di tutti i distretti ossei, bacino compreso, cercando di portare a guarigione la patologia senza ulteriori atti chirurgici. Dopo l'intervento, spesso in urgenza, è ovviamente da valutare, con le raffinate metodiche radiografiche a nostra disposizione oggi, se la riduzione ottenuta sia stata ottimale e tale da non richiedere di ripetere procedure chirurgiche, che hanno costi e disagi anche rilevanti per chi li subisce, portando a termine il trattamento con il fissatore. Quando, al contrario, non abbiamo raggiunto la riduzione, si dovrà procedere a correzioni o variazioni della scelta terapeutica, ricordando che proprio per la ridotta aggressività del metodo questo non causerà ostacoli rilevanti a successivi trattamenti cruenti.Si tratta, come sappiamo, di una metodica chirurgico non semplice, che richiede una profonda conoscenza dell'anatomia, una visione spaziale e una buona dose di manualità, con l'inconveniente di dover spesso ricorrere all'esposizione alle radiazioni ionizzanti e la necessità di impiegare tempo nel postoperatorio, da parte talvolta anche dello stesso operatore, per rivalutare ed eseguire in certi casi piccole modifiche dell'esoscheletro del sistema. La fissazione, sia monoassiale che circolare, è la tecnica mininvasiva per eccellenza e, come tale, sta conoscendo nuovo impulso nella coscienza aumentata del rispetto della biologia, come ci indicavano d'altronde anche i Maestri dell'ortopedia storica i quali, dopo una vita dedicata alla ricerca di trattamenti volti alla guarigione delle fratture quanto più rapidi e funzionalmente efficienti, avevano riconosciuto proprio nella ridotta invasività uno dei punti fondamentali del trattamento del traumatizzato. Cerchiamo dunque anche noi, come ha fatto Enzo, di mostrare ai giovani le grandi possibilità e le novità di questa metodica, nata o diffusa nei sui diversi aspetti proprio nel nostro Paese.3