Il volume affronta un tema non comune nella medievistica: la prigione e i suoi abitanti. Nel carcere medievale i prigionieri – incarcerati prima della sentenza, oppure rimasti “dentro” perché indebitati, socialmente pericolosi, riconosciuti colpevoli di un delitto – non erano abbandonati a loro stessi; delle loro esigenze si facevano carico le famiglie, la Chiesa, i laici devoti, gli stessi pubblici poteri. Nel caso di Milano il sistema carcerario e il rapporto tra carcerati, giustizia e misericordia assume sfumature peculiari. Le prigioni (anche private) sono numerose e disperse nella città: la più grande è un carcere-ospedale, che rinchiude certo, ma lascia intendere che è utile (per motivi economici) aiutare la sopravvivenza del reo e il suo ritorno in società. I milanesi del Quattrocento sono poi consci dei rischi di abbandonare i detenuti (uomini e donne) a una giustizia che, per i suoi costi, tutela solo i più forti. Ecco dunque i Protettori dei carcerati: utili non solo ai deboli rinchiusi in carcere, ma anche al dominus, che li sostiene. Interessato a porre rimedio agli eccessi del sistema, il duca è infatti anche (e forse soprattutto) desideroso di mostrarsi misericordioso, e in quanto tale superiore alla legge. Indagare la condizione dei carcerati si rivela dunque un modo per cogliere non solo le dinamiche di esclusione e di inclusione sociale pertinenti al controllo della devianza, ma anche i meccanismi di relazione tra governanti e governati nel tardo medioevo.
Milano, 1997. Rispetto a questa prima pubblicazione, la versione digitale porta alcune variazioni che ne modificano non solo il contenuto, ma anche le finalità. Il volume del 1997 era infatti costituito per buona parte dall'edizione del libro di conti di Donato Ferrario da Pantigliate, il mercante protagonista delle vicende ricostruite. La decisione di procedere alla pubblicazione di questa fonte era stata determinata da una serie di fattori e circostanze: da un lato la rarità della documentazione contabile di aziende private milanesi in età medievale e la scarsa conoscenza dell'esistenza di quelle poche superstiti anche perché spesso, come nel nostro caso, catalogate in maniera errata e fuorviante (il libro di conti del mercante è infatti registrato nell'archivio conservatore come primo libro mastro della confraternita caritativa fondata dall'uomo di affari, perché tale appunto era stato ritenuto); dall'altro la volontà di rendere più largamente accessibile, superando ostacoli di natura logistica o di competenze paleografiche, una fonte il cui stato di conservazione, pur discreto, cominciava a denunciare guasti per i segni del tempo, dell'usura, dell'umidità. L'interesse del ricercatore si incontrò con la buona disposizione di due enti locali -l'Amministrazione delle II.PP.A.B. (ex E.C.A.) di Milano che gestisce l'archivio dove è conservata la fonte e la Camera di Commercio di Milano finanziatrice di questa come di altre operazioni culturali -entrambi favorevoli a mettere a disposizione degli studiosi una fonte così preziosa per la storia della propria città, anche perché ricchissima di informazioni di natura assai disparata, riguardanti la storia della ragioneria, del commercio, dell'impresa, ma anche della cultura e delle relazioni sociali. L'edizione documentaria veniva infatti preceduta da uno studio sulla figura del mercante Donato Ferrario che non intendeva essere un mero commento alla fonte ma una più vasta indagine sulla società milanese della prima Marina Gazzini IV Premessa IV metà del Quattrocento. Questa edizione a stampa, di tiratura limitata, non è stata messa in commercio, sebbene sia stata comunque distribuita ad alcune biblioteche di archivi, università, enti camerali. La disponibilità di una più ampia forma di circolazione della ricerca, quella telematica, ha invogliato a realizzare una nuova versione dell'opera, nuova non solo per il diverso supporto utilizzato, quello elettronico appunto, ma anche perché maggiormente focalizzata su questa importante -nella sua ‛medietà' -figura di mercante medievale. Da qui la scelta di scorporare nella versione digitale lo studio del personaggio Ferrario dall'edizione del libro di conti. Grafici, tabelle, note ricche di riferimenti e di ampi stralci documentari (già concepiti nella versione originale) rendono comunque adeguata testimonianza del contenuto della fonte contabile così come d'altronde degli altri documenti prodotti dallo stesso mercante -ad esempio gli statuti della confraternita da lui fondata, la Scuola della Divinità (anche questi in precede...
L’intervento prende in esame due casi di studio dell’Appennino tosco-emiliano: l’ospedale intitolato a San Benedetto e a Sant’Antonino delle Alpi, detto anche di Prato del Vescovo, e l’ospedale della Croce Brandegliana. Erano entrambi ospedali di valico posti su due delle principali strade che collegavano Pistoia ai territori emiliani. Particolarmente interessanti appaiono le vicende due e trecentesche di questi due enti (sorti a fine XI secolo), che conobbero il passaggio dalla giurisdizione ecclesiastica a quella comunale, l’ampliamento delle funzioni espletate, la progressiva riduzione della comunità ospedaliera fino al trasferimento in città o alla sua scomparsa. Nel tentativo di comprendere le ragioni di queste evoluzioni, nel contributo ci si sofferma sul significato assunto dalla costituzione di una rete ospedaliera per la colonizzazione ecclesiastica della zona; sulle conseguenze nell’indirizzamento militare delle attività ospedaliere derivante dall’affermazione del comune come forza politica; e infine sugli effetti di fenomeni di carattere climatico, fazionario e religioso nella configurazione del paesaggio assistenziale.
Albertano da Brescia (1190 circa - 1250 circa) viene considerato oggi dalla storiografia internazionale come una delle figure chiave del medioevo. Giudice, politico, letterato, predicatore, egli fu autore di una serie di opere, tre trattati didattico- morali e cinque sermoni confraternali, che conobbero una grande diffusione, sia nell’originale latino sia tradotte in numerose lingue europee. A lui è stato attribuito il progetto pedagogico ed etico di costruzione del civis medievale, membro della società religiosa e dello stato. Attraverso un codice conservato presso la Biblioteca Trivulziana, posseduto a fine Trecento da due fratelli entrambi cittadini di Milano, si cercherà di indagare la riuscita di questo progetto, approfondendo alcuni aspetti del bacino di ricezione e dei canali di trasmissione delle sue opere. In particolare si considereranno ambienti sociali e politici, persistenza del latino, fruizione femminile. DOI 10.17464/9788867743261
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