IntroduzioneIl trattamento delle fratture a 3-4 parti dell'epifisi prossimale dell'omero costituisce un controverso capitolo di traumatologia con molti aspetti diagnostici, classificativi e di trattamento in evoluzione e non ancora completamente risolti. Se consideriamo i dati epidemiologici [1], le fratture tipo C nella classificazione AO e le fratture-lussazione riguardano solo il 6% delle fratture dell'epifisi prossimale dell'omero. Nel gruppo delle fratture a 3-4 parti si concentrano però le maggiori difficoltà tecniche di riduzione e sintesi stabile e la più alta percentuale di complicazioni e insuccessi. Si osserva infatti una quota sempre maggiore di fratture a 4 parti ad alta energia in soggetti giovani (fratture instabili per frammentazione della metafisi e deviazione in varo del massiccio cefalico o fratture-lussazione anteriori o posteriori) e fratture a 3-4 parti su base osteoporotica da caduta accidentale dell'anziano, con frammentazione delle tuberosità al limite delle possibilità di ricostruzione, oppure escavazione della testa omerale da parte della diafisi che rende difficile una riduzione e sintesi stabile. Se si esamina la ormai ampia letteratura in merito, nessuna delle tecniche chirurgiche di sintesi proposte -fili di Kirschner, osteosuture, chiodi bloccati, placche a stabilità angolare -sembra aver ottenuto risultati uniformi e nessuna di esse è generalizzabile a tutte le fratture. Questa rassegna si propone quindi di esaminare le problematiche attuali del trattamento delle fratture a tre-quattro parti prossimali d'omero, in base all'esperienza maturata dagli anni Novanta a oggi presso la II Divisione dell'Istituto Ortopedico G. Pini, nell'ambito della quale sono state trattate annualmente in media circa 50 fratture dell'epifisi prossimale d'omero di diversa gravità, con una elevata incidenza di fratture complesse pluriframmentarie e fratture-lussazione posteriori e anteriori.
La diagnostica strumentale e le classificazioniOggi riteniamo che la diagnostica strumentale mediante TAC con ricostruzione 3D abbia migliorato in modo decisivo la nostra capacità di individuare la morfologia delle fratture complesse dell'epifisi prossimale d'omero ( Fig. 1). Questo approccio diagnostico permette di affrontare meglio il problema classificativo della frattura. Per molti anni il dibattito si è svolto attorno a discussioni che motivavano affidabilità o preferenze per una delle classificazioni più note (Neer oppure AO), soprattutto per definire in quali fratture fosse indicata l'osteosintesi e in quali la protesi, in funzione dei rischi relativi alla necrosi cefalica. Attualmente riteniamo che ai fini della pianificazione del trattamento le due classificazioni più utili siano quella di Hertel [2,3] e quella più recente di Edelson [4,5]. La classificazione di Hertel [6] completa l'analisi della frattura con quesiti addizionali: quale porzione di calcar postero-mediale è rimasta unita alla testa omerale? Quanto sono scomposte o frammentate le tuberosità rispetto alla testa omerale? La testa omerale è scompos...